Diario
26 aprile 2014
HIC SUNT LEONES CUM LEAENAM (leonessa)
HIC SUNT LEONES CUM LEAENAM (leonessa)

I giorni migliori/ a volte sono il primo,
a volte quello in mezzo/e certe volte persino l’ultimo Charles
Bukowski
Nella
folla si distacca un volto, che osserva i corpi macerati dall’acqua con
attenzione predatoria. Tra
l’umanità estatica, si impone un gesto, reiterato con una forza liquida che
scorre vischiosa, picchiettando visibile
una linearità invidiabile. Urla
di gioia retrattile e di rabbia luminescente. Non
parlerò di quell’ultima partita, tumulata velocemente tra l’esaltazione ferina e l’amarezza necrotica. Perché
la consapevolezza di un infinito di possibilità immanenti che avrebbero
impostato il destino sportivo di questa squadra in direzione di un’eccellenza
eroica meritata, tra tiri proiettile e flutti laminati, è un qualcosa scolpito
negli animi con tenacia lignea e lapidaria. Perché
quel passaggio chiodato da un “paradiso” classe A1 ad un “ inferno” classe A2,
ha ben poco della maestosità dantesca e scarnifica meticolosamente l’orgoglio, che
lascia esposte le ferite al sale delle lacrime e brucia la carne senza requie,
fino a che il dolore lascia il posto al nulla. Perché
un secondo dopo quell’ultima di campionato, si stavano già ricomponendo le
scaglie ossee i grumi muscolari le epidermidi striate, destrutturando le
strategie slabbrate per cucire chirurgicamente sogni chimera. Parlerò
di quel volto. Di
quel gesto. Di
quel sostegno che, arroccato nella convinzione che in quei minuti ci si stia
giocando una frazione timbrica di vita, non cede alla sconfitta e si compiace
della vittoria, rendendo consanguinei dei perfetti sconosciuti. Quel
volto quel gesto quel sostegno appartengono ad una donna. Non
so se vi sia alcuna connessione familiare tra coloro che si dibattono nella
lotta quali tritoni ciclopici e quella donna, che sottolinea con veemenza da
amazzone i momenti concitati delle azioni, che si consumano nell’umido
vischioso dell’arena. Il
corpo, ora immobile nel sezionare con sguardo stiletto l’accavallarsi delle
bracciate ondivaghe, si tende impietrito ma sonoro ogni qualvolta quei maremoti
istantanei si concludono in una costruzione fruttuosa o in una distruzione
avvilente. Quella
donna, dai lineamenti delicati e l’aspetto filiforme, si tramuta in una Dea foriera
di devastazione accusatoria, di benevolenza matriarcale verso quei mastodontici
danzatori marini, dei quali si sente sorgente il tempo di una partita e ai
quali, ora con indulgenza affettuosa ora con furore punitivo, non lesina
rimproveri accorati e benedizioni vigorose. Non
so chi sia quella donna, ma se fossi uno dei giocatori della Promogest le
tributerei gli onori che sono dovuti ad una Madre con la “M” maiuscola: è nel
suo entusiasmo ruvido ed affettuoso che risiede il segreto della risalita. Perché
se l’allenatore sarà il Virgilio che vi porterà fuori dall’Inferno, lei sarà la
Beatrice che vi spalancherà le porte del Paradiso.
| inviato da auroratomica il 26/4/2014 alle 14:20 | |
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