Diario
30 marzo 2014
LA DOLCE MORTE DI VIRGINIA G.

LA
DOLCE MORTE DI VIRGINIA G.
La morte / si sconta / vivendo.
Giuseppe Ungaretti
Non c’è redenzione
ne La dolce morte di Virginia G. ma solo una lunga battaglia di una luce
decadente, che risuona nelle pieghe obnubilate di una umanità smarrita e
corrotta da un desiderio insanabile di santità compiacente ed obsoleta. La
gestualità testuale si insinua come una cancrena che sgretola un mondo di
apparenze placebo; la prerogativa di soddisfare un’ansia di infinito metodico
nella sua ricercatezza si rivela fallace per la natura effimera dell’umano. Le
figure maschili (l’inquietante passività di Andrea Ibba Monni cui fa da
contrappunto la sadica lucidità di Gà) si muovono accartocciate in discorsi
egotici, nel morboso tentativo di difendere un’impalcatura di perversioni
divenute abitudini, giustificate e giustificabili,, secondo una morale che ha
perso i punti di riferimento secolari per crearne altri ad uso e consumo delle
masse omologate. L’unico barlume di coscienza pura di assolutismo salvifico, di
consapevolezza intonsa è quella di un femminile (una straordinaria Alessandra
Leo) che rivela la fallacità di quei meccanismi obsoleti, rivestiti, a seconda
della convenienza circostanziata, di una pelle rinnovata che contiene in sé il
germe della sua dissoluzione. Un femminile imponente, ingombrante, corrosivo la
cui anima esposta, minuta e ridotta all’immobilità di corpo ma non di
intelletto (una tagliente Carlotta Sanna), si manifesta puntuale quale una
ferita esposta che rigurgita un scurrile e maturo dissenso. E tutto quel verbo
demoniaco che travolge, reiterando richieste e pretendendo risposte che
scarnificano l’intimo consumabile, non replicabile e dunque mortale, si rivela
come l’unica verità possibile in un mondo tempestato di menzogne prismatiche e
abbaglianti. Quale dunque la dolce morte della misteriosa Virgina G., che
permea con la sua assenza presente l’intera costruzione scenica, la cui
linearità e pulizia formale esalta la sensibilità caotica ed intelligente di
una drammaturgia pulsante ed originale? Forse è quell’eutanasia mentale
invocata ma mai concessa, quel momento di scelta terminale consapevole che
solleverebbe ciascuno dalla responsabilità di accettare, suo malgrado, un
vivere dove le coordinate umanistiche sono state sovvertite da una serialità
automatica, che accondiscende ai vizi travestendoli da virtù e che riduce, in
questo quotidiano asettico e patinato, il sentire individuale ad un groviglio
di luoghi comuni autorizzati, che
uccidono i cuori reticenti per fare posto al nulla.
LA DOLCE MORTE DI
VIRGINIA G.
spettacolo teatrale
dedicato a Pierfranco Zappareddu
scritto, diretto e
interpretato da Ga & Andrea Ibba Monni
con
la partecipazione di Alessandra Leo, Noemi Medas, Sara Perra, Roberta Plaisant,
Carlotta
Sanna e con Pierpaolo Congiu e PFZ.
| inviato da auroratomica il 30/3/2014 alle 15:33 | |
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